Il nome di Luigi Galleani non è particolarmente noto oggi, ma a suo tempo – tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – era molto ben conosciuto. Nel 1917 il Ministero della giustizia statunitense lo definì “l’anarchico più pericoloso d’America”. Aveva un largo e fedele seguito tra i lavoratori di lingua italiana tanto in Italia quanto negli Stati Uniti. Era un oratore vigoroso e ispirato ed editò un importante giornale, “Cronaca Sovversiva”, descritto dal Ministero della giustizia degli Stati Uniti come “il foglio più rabbioso, sedizioso e anarchico mai pubblicato nel paese”. Questo è vero, ma è altrettanto vero che Galleani esprimeva le proprie idee in una maniera chiara ed efficace e che ha dato un grande contributo alla filosofia anarchica. Galleani era mio nonno, da parte materna. Mia madre mi ha parlato poco di lui e ora rimpiango di non averle fatto tante domande a riguardo. Mi sono cominciato a interessare alla mia storia familiare solo dopo la sua morte. A quel punto sono rimasto sorpreso nello scoprire che personaggio sia stato mia nonno e che vita straordinaria abbia vissuto.
Vita
Nato a Vercelli nel 1861 da una famiglia della classe media – suo padre era un maestro di scuola elementare – studiò legge all’Università di Torino, ma non ottenne mai la laurea. Era infatti già attivo nell’agone politico, in particolare nella zona della Lunigiana.
La fine del diciannovesimo secolo fu un periodo di grossa turbolenza sociale in Italia, segnata dalla nascita del movimento dei lavoratori e da una forte repressione statale. Per evitare l’arresto, Galleani passò in Francia nel 1880, ma fu presto espulso e si rifugiò in Svizzera, dove visse un periodo accanto ad Élisée Reclus. Quando ritornò in Italia nel 1893, fu arrestato e condannato a tre anni di prigione sulla base di imprecisate accuse di “cospirazione”, insieme a trentacinque altre persone.
Una volta rilasciato, fu spedito senza imputazioni né processo al domicilio coatto di Pantelleria. Oggi quest’isola è un luogo di vacanza alla moda, anche Madonna ha una villa là, ma allora era solo un luogo povero, arido ed estremamente isolato. Essere esiliato lì era la più dura delle punizioni, una sorta di morte civile: i confinati chiamavano se stessi “i morti”. Ma Galleani era pronto alla sfida, il suo spirito era indomito. Fece uscire clandestinamente un articolo dal titolo manet immota fides (la fede resta immutata), che divenne il suo motto e riassume il senso di tutta la sua vita.
A Pantelleria conobbe una giovane vedova, Maria Rallo, che aveva un bambino piccolo. Era originaria dell’isola e, stando a quanto mi disse mia madre, la sua famiglia possedeva una vigna. Si innamorarono ed ebbero una figlia. Maria sarebbe diventata mia nonna.
Decisero di provare a fuggire. Mia madre mi disse che la sua famiglia lo aiutò a trovare una piccola imbarcazione sulla quale compirono una pericolosa traversata fino al Nord Africa. Qui furono presto minacciati di essere estradati nuovamente in Italia e quindi nel 1900 decisero di andare, via Londra, a Paterson, nel New Jersey, dove Galleani fu invitato a ricoprire il ruolo di redattore de “La Questione Sociale”, che a quel tempo era il principale giornale anarchico negli Stati Uniti (precedentemente ne era stato redattore Errico Malatesta). Poco dopo il suo arrivo fu ferito dalla polizia nel corso di uno sciopero dei tessili e accusato di incitamento alla rivolta; prima del processo riuscì a varcare il confine ed a riparare in Canada. Quando il clamore si placò, tornò negli Stati Uniti e si stabilì con la famiglia a Barre, nel Vermont. Barre era il luogo giusto per loro: c’era una grossa cava di granito e vi si era insediata una popolosa comunità di cavatori e tagliatori, in gran parte di Carrara. Un’area, questa, con una tradizione radicale che dura tutt’oggi e non a caso Bernie Sanders è un senatore proprio del Vermont.
A Barre nel 1903 cominciò a editare il suo giornale, “Cronaca Sovversiva”, che divenne nel tempo il periodico anarchico più venduto negli Stati Uniti. A quel tempo aveva già avuto cinque figli (due femmine e tre maschi) e nel 1909 ne nacque un’altra, la più giovane, Mentana (“Tana”), mia madre.
Tre anni dopo si trasferì con la famiglia a Wrentham, vicino a Boston, città dove c’era una comunità italiana ancora più popolosa e dove Galleani aveva molti seguaci, tra i quali i più noti sono Sacco e Vanzetti. Mia madre ricordava i due avere fatto visita più volte a casa loro.
Nel 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra e da lì a poco ci fu la rivoluzione in Russia. Galleani si oppose alla guerra con lo slogan “Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione”. La violenta campagna contro gli anarchici e i “rossi” assunse i caratteri dell’odio xenofobo e razzista. Gli Italiani e gli altri immigrati di idee radicali ne furono l’obiettivo principale.
Il governo provò ripetutamente a chiudere “Cronaca”. Mia madre ricordava le continue perquisizioni poliziesche nella loro casa. Volevano deportare Galleani, ma la legge non permetteva di deportare chi era residente nel paese da più di sei anni o chi aveva dei figli nati negli Stati Uniti e quindi crearono delle nuove leggi (Immigration Act e Anarchist Exclusion Act).
Galleani e migliaia di altri anarchici e radicali non nati negli Stati Uniti furono sequestrati e deportati, senza imputazioni o processi di sorta, nel corso di spedizioni poliziesche note come Palmer raids. Mia madre lo andava a trovare in prigione quando era rinchiuso in attesa di essere deportato. Una volta gli portò della cioccolata e la polizia la tagliò a pezzetti per controllare che dentro non ci fosse nascosto nulla.
Tornato in Italia nel 1919, Galleani fu presto nuovamente coinvolto nell’attività politica. Ricominciò a pubblicare “Cronaca”, ma nel 1922 Mussolini salì al potere e il giornale venne soppresso definitivamente. Nel 1924 venne imprigionato e quindi mandato al confino, questa volta a Lipari. Poté tornare sulla penisola nel 1930 già molto malato. Visse a Caprigliola, in Lunigiana, sorvegliato costantemente dalla polizia, dove morì per un attacco di cuore nel 1931, settantenne.
Successiva storia della famiglia
Quando Galleani venne deportato, la sua famiglia (Maria e i sei figli) rimasero negli Stati Uniti. Fu un colpo durissimo per loro, anche se ebbero un enorme aiuto dalla comunità anarchica di lingua italiana. Maria cominciò a lavorare in fabbrica. Una figlia partì per l’Italia per occuparsi del padre; la figlia maggiore intraprese la professione medica, occupandosi in particolare modo della comunità anarchica dell’area di Boston (i cui membri la chiamavano semplicemente “la dottoressa”) ed ebbe un ruolo pionieristico nel controllo delle nascite.
Mia madre fu privata del padre quando non aveva ancora dieci anni. Ricordando ciò verso la fine della sua vita disse: “quando mio padre stava per essere deportato, i miei genitori stavano discutendo e io gli dissi: ‘Perché non dici loro che non ci credi più?’ Non dimenticherò mai la sua espressione. Ora, sono contenta che egli visse la vita in quel modo e che credette sempre in quello che faceva.”
Mia madre era orgogliosa di lui e lo vedeva come un esempio. Poi diventò comunista. Sebbene ci sia spesso un’aspra ostilità tra anarchici e comunisti, lei sentiva che stava combattendo per gli stessi ideali e che stava continuando la sua opera. Si trasferì a New York, dove incontrò mio padre, uno scrittore irlandese e dove nascemmo io e mio fratello.
A quel tempo, alla fine degli anni quaranta, McCarthy diede il via a una nuova caccia alle streghe contro “i rossi”. Mio padre lavorava per la televisione e fu messo nella lista nera. La nostra famiglia lasciò quindi gli Stati Uniti ed emigrò a Londra. Io divenni professore di filosofia, lavorando su Marx e Hegel. In questa scelta influì l’esempio di mia madre e di mio nonno. Sono orgoglioso di essere suo nipote e mi piace pensare che anche io, nel mio piccolo, sto continuando il suo lavoro.
Alcuni anni fa ho cominciato a fare ricerca su Galleani, quasi per caso: ero in vacanza vicino a Carrara e visitai l’Archivio di Stato di Massa. Rimasi sorpreso nello scoprire un voluminoso faldone di documenti di polizia su di lui. Gli agenti riportavano ogni sua attività quotidiana e gli aprivano la corrispondenza per controllarla. Ho cominciato così a imparare l’italiano, a studiare la sua vita e le sue idee, a fare ricerche in altri archivi. Ho pensato di scriverne una biografia, ma mi sentivo sopraffatto dalla quantità di materiale che stavo raccogliendo. A quel punto sono entrato in contatto con Antonio Senta, uno studioso di Bologna, giovane e molto bravo, che a sua volta avrebbe voluto scrivere una biografia di mio nonno e che – pensavo – lo avrebbe fatto meglio di me. Ci siamo incontrati l’anno scorso e ci siamo messi d’accordo che ci lavorerà sopra e che io lo aiuterò come meglio posso.
La filosofia di Galleani
Infine alcune parole sulle idee di Galleani. Allora, e ancora adesso, gli anarchici vengono reputati dei cospiratori, dei lanciatori di bombe, o dei terroristi. L’anarchismo è visto come una sorta di nichilismo, come una filosofia negativa e distruttrice. La filosofia di Galleani non può essere interpretata in questi termini. Innanzitutto egli non ebbe un’attitudine cospiratoria o legata al segreto, ma espresse le sue visioni in maniera diretta e senza paura. Fu un oratore apprezzato e uno scrittore prolifico.
Inoltre l’anarchismo non è mero nichilismo, ma una filosofia politica positiva con una teoria ben chiara e che sta vivendo oggi una nuova giovinezza.
Secondo la filosofia anarchica lo Stato, la proprietà privata e tutte le forme di autorità sono dannose e non necessarie; una comunità che cooperi volontariamente è possibile. Alla base di ciò c’è una fiducia nella natura umana grandemente positiva, ottimista e idealista, il ritenere cioè che le persone possano vivere insieme in maniera armoniosa senza bisogno di proprietà, né di leggi, né di un’autorità coercitiva. Un mondo migliore è possibile: questo è quello a cui credevano Galleani e i suoi compagni. La chiamavano l’“Idea” o la “bella Idea”.
Ciò che ostacola la creazione di tale comunità sono la proprietà privata e lo Stato: in breve, il capitalismo. Galleani si definiva comunista anarchico. Come i comunisti marxisti sosteneva l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione: la produzione non doveva più essere usata per il profitto. Tuttavia rifiutava l’aspetto autoritario del marxismo, ovvero l’idea per cui sia necessario uno Stato comunista per dare vita a una società comunista. Le persone sono in grado di vivere assieme volontariamente, senza bisogno di forza né di coercizione.
Galleani propagandava un anarchismo “antiorganizzatore”, che comportava un rifiuto netto di ogni forma di gerarchia; considerava le organizzazioni politiche e sindacali, così come le strutture di partito, oppressive e coercitive. Le scelte politiche e le attività venivano decise nel corso di meeting informali che – ricordava mia madre – si svolgevano spesso nel corso di pic-nic domenicali presso la casa di campagna di Wrentham.
Infine arrivo agli aspetti più controversi della visione di Galleani. Egli, come ho scritto, fu un oratore e uno scrittore, ma insieme ai suoi compagni sosteneva la “propaganda del fatto”, l’azione diretta contro lo Stato e le strutture dell’oppressione.
La situazione politica era estremamente violenta e mutevole nei primi anni del XX secolo. Galleani e compagni erano convinti che se attaccati – ed effettivamente furono costantemente sotto attacco – avevano la legittimità di reagire; pensavano anche che alcuni atti insurrezionali avrebbero potuto dare il via a una spontanea sollevazione rivoluzionaria da parte dei lavoratori.
Nel 1905 pubblicò un breve opuscolo con un titolo che suonava innocuo, La salute è in voi. In realtà era una manuale per la fabbricazione di bombe. Nel 1919 ci fu una serie di attentati esplosivi negli Stati Uniti. A differenza del terrorismo di oggi, quelli non colpivano le folle in maniera indiscriminata. Gli obiettivi erano scelti con cura ed erano istituzioni del capitalismo come Wall Street, grandi uomini d’affari (Rockefeller, J P Morgan) e funzionari di governo ritenuti responsabili di condurre una guerra contro i lavoratori, come il Procuratore generale Palmer. L’FBI cercò in tutti i modi di provare che i responsabili erano i compagni di Galleani (è del tutto improbabile che Galleani stesso fosse coinvolto). Fallirono, ma in molti furono sospettati di terrorismo. Erano tempi violenti e dovremmo ricordarci, che, come disse Vanzetti, i principali responsabili della violenza erano la polizia e lo Stato. Quel che accadde a Galleani accadde anche a migliaia di altri attivisti radicali: furono attaccati, arrestati e deportati senza nessun processo. Molti decisero di resistere e di rispondere, e Galleani e i suoi furono tra quelli in prima linea. Questo è il motivo per cui egli fu etichettato come “l’anarchico più pericoloso d’America”. Sono sicuro che sarebbe stato orgoglioso se avesse saputo che le autorità lo definivano così.
Sean Sayers (Kent University)
traduzione di A. Soto
(1) Testo della relazione presentata a Bologna il 22 aprile 2016 presso la libreria Modo infoshop.